ENERGIA E DINTORNI

Dalla fisica classica sappiamo che l’energia posseduta da un corpo, è il lavoro che questi puo’ compiere, vale a dire la forza moltiplicata per il suo spostamento. Se quindi abbiamo il suddetto corpo posizionato staticamente su un piano, la sua energia è pari alla sua forza peso moltiplicata per lo spostamento in caduta liberà che effettuerà.

Esaurite le uniche cognizioni di fisica classica, possiamo, osservando il quotidiano, affermare che le varie forme di energia sono in grado di trasformarsi una nell’altra: energia meccanica in energia elettrica ecc. ecc.

E’ risaputo che ogni trasformazione per definizione implica un rendimento non essendo stato ancora scoperto od inventato il moto perpetuo. Cio’ significa che fatto 100 il contenuto di una qualsivoglia forma di energia, quota parte di essa è irreversibilmente persa sotto forma di energie non piu’ utilizzabili.

La trasformazione effettuata da un motore endotermico, vale a dire la trasformazione di energia termica contenuta nel carburante in energia meccanica di movimento è soggetta ad un rendimento con perdita sottoforma di calore, non piu’ utilizzabile come energia, con aumento dell’entropia.

Nel caso del ciclo Otto il rendimento è estremamente basso ( 22% ) giustificandone l’appellativo di stufa con le ruote coniato per la nostra autovettura. ( Di poco superiore è il rendimento del ciclo Diesel che di fatto è piu’ spesso utilizzato per autotrazioni pesanti).

Proviamo ora a paragonare il motore dell’animale a quello dell’autovettura. Anche l’animale trasforma l’energia termica contenuta negli alimenti in energia meccanica di movimento o di produzione.

A differenza del motore, l’animale riesce a produrre energia senza variazioni di pressione e di volume, con un rendimento decisamente maggiore, un po’ piu’ basso nei poligastrici per le perdite dovute alle fermentazioni ruminali, ma comunque e fortunatamente pari al doppio rispetto a quelle dei motori endotermici.

L’animale ha in definitiva la capacità di immagazzinare l’energia prodotta con le reazioni biochimiche che avvengono nel suo motore in un gettone da spendere quando ve ne è necessita. Questo gettone è identificato nella molecola chimica dell’ATP.

L’animale ha la possibilità di produrla, bruciando i carboidrati ed i lipidi ( a volte anche i protidi ) tramite una via metabolica detta respirazione cellulare.

Questo processo avviene di piu’ nelle cellule ove è richiesta energia ( mammella, muscoli, fegato ) in tre tappe ben distinte per posizione e cronologia.

Le prime due ( glicolisi e ciclo di Krebs), non producono ATP, ma sono necessarie per smontare le macromolecole nutritive: come bilancio, per fare cio’, assorbono 2 molecole di ATP.

Solamente l’ultima tappa è in grado di produrre energia e quindi ATP. Questo avviene per differenza di potenziale, per caduta di alcuni elettroni liberatesi nella seconda fase e smerigliando a mo’ di dinamo della bicicletta sulle creste mitocondriali. La produzione è di 38 moli di ATP, da cui sottraendone 2 consumate nelle 2 fasi precedenti, si ha un contributo netto di 36 moli di ATP.

Da precisare che non tutti i nutrienti effettuano la respirazione cellulare completa: taluni entrano in alcune tratti intermedi della reazione, producendo meno ATP.

La smerigliatrice biologica prima menzionata, è costituita dal coenzima Q10 e dai citocromi senza i quali non si è in grado di produrre energia negli animali. La loro carenza comporta un’acidosi metabolica per accumulo di elettroni nelle cellule favorendo la produzione di radicali liberi citotossici.

L’addizione di tali sostanze ( per lo piu’ coenzima Q10), è utile laddove risulta carente l’apporto di alimento ingerito, come ad esempio negli stati febbrili dei neonati, nei decorsi post-operatori, nei regimi alimentari ristretti, migliorando il rendimento energetico dello scarso cibo assunto.

In campo zootecnico cio’ è valido per i tipi respiratori produttivi, vale a dire che necessitano di notevole quantità di ossigeno per far fronte alle loro produzioni: ovaiole, vacche da latte, scrofe lattanti, cavalli da corsa aerobica. E’ pratica conosciuta e corretta seppur empirica, valutare l’attitudine lattifera di una bovina da latte osservandone le dimensioni delle vene che conducono il sangue alla mammella, nella regione dell’addome denominata ” fontana del latte” perché correlata, fra le altre, ad una buona ossigenazione della stessa.

In questi animali, la quota energetica destinata alla loro specifica produzione ( latte) è sempre dissociata dalla quota di mantenimento, cosa che ( ed è di facile intuizione ), non è valida per gli animali all’ingrasso . Da cio’ si evince che questi soggetti tendono sempre a produrre di piu’ ( per soddisfare la prole ), di quello che potrebbero con la quota energetica realmente ingerita, andando incontro sempre a dimagramento ed a volte a dismetabolie metaboliche.

In ultima analisi, possiamo affermare che per questi animali, migliorare il rendimento del nutriente energetico ingerito puo’essere o meno il risultato del loro stesso interesse economico.

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